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Vangelo e parola del giorno – il pensiero del giorno
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×Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 8,1-9 Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedònia, perché, nella grande prova della tribolazione, la loro gioia sovrabbondante e la loro estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità. Posso testimoniare infatti che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, domandandoci con molta insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a vantaggio dei santi. Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti prima di tutto al Signore e poi a noi, secondo la volontà di Dio; cosicché abbiamo pregato Tito che, come l’aveva cominciata, così portasse a compimento fra voi quest’opera generosa. E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,43-48 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo, e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Perché Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè un amore che eccede le capacità umane? In realtà, la proposta di Cristo è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo "di più" viene da Dio: è la sua misericordia, che si è fatta carne in Gesù e che sola può "sbilanciare" il mondo dal male verso il bene, a partire da quel piccolo e decisivo "mondo" che è il cuore dell’uomo. Giustamente questa pagina evangelica viene considerata la magna charta della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del "porgere l’altra guancia" – ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia. Si comprende allora che la nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. (Benedetto XVI – Angelus, 18 febbraio 2007)…
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 6,1-10 Fratelli, poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: «Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,38-42 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio" e "dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle». Il Discorso della montagna, come è riportato da Matteo, è il luogo del Nuovo Testamento dove si vede affermato chiaramente ed esercitato decisamente da Gesù il potere sulla Legge che Israele ha ricevuto da Dio come cardine dell’alleanza. […] La nuova legge da lui portata ha la sua sintesi nell’amore. Quest’amore farà superare all’uomo nei suoi rapporti con gli altri la classica contrapposizione amico-nemico, e tenderà all’interno dei cuori a tradursi in corrispondenti forme di solidarietà sociale e politica, anche istituzionalizzata. Sarà dunque molto ampia, nella storia l’irradiazione del “comandamento nuovo” di Gesù. In questo momento ci preme soprattutto rilevare che nei brani importanti del “Discorso della montagna”, si ripete la contrapposizione: “Avete inteso che fu detto . . . Ma io vi dico”; e questo non per “abolire” la Legge divina dell’antica alleanza, ma per indicarne il “perfetto compimento”, secondo il suo senso inteso da Dio-Legislatore, che Gesù illumina di luce nuova e spiega in tutto il suo valore realizzativo di nuova vita e generatore di nuova storia: e lo fa attribuendosi un’autorità che è quella stessa del Dio-Legislatore. Si può dire che in quella sua espressione ripetuta sei volte: Io vi dico, risuona l’eco di quell’autodefinizione di Dio, che Gesù si è pure attribuita: “Io Sono. Io vi dico, io Sono” (cf. Gv 8, 58). (San Giovanni Paolo II – Udienza generale, mercoledì 14 ottobre 1987)…
Prima Lettura Dal libro dei Proverbi Pr 8,22-31 Così parla la Sapienza di Dio: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo». Seconda Lettura Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 5,1-5 Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 16,12-15 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Il Padre - il Figlio - lo Spirito Santo. Divina Unità della Trinità. Cristo ha pronunziato questo mistero con parole umane. E l’ha lasciato allo Spirito Santo, alla sua venuta: “Quando . . . verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 16, 13). Ciascuno di noi è introdotto in questa “verità tutta intera” già mediante il Battesimo. Viviamo di questa verità quotidianamente, quando iniziamo la preghiera o il lavoro “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Perché, pronunziando con queste parole il nome dell’inscrutabile mistero divino, il nome del Dio vivente che È, facciamo nello stesso tempo, sulla nostra fronte, sulle spalle e sul cuore, il segno della Croce? Perché la Croce è l’ultima parola del mistero trinitario di Dio nella storia della salvezza del genere umano. Quando Cristo dice dello Spirito Santo: “prenderà del mio e ve l’annunzierà”, queste parole si riferiscono in modo particolare al sacrificio della Croce. Il Dio vivente è entrato definitivamente nella storia del creato, nella storia dell’uomo, proprio mediante questo sacrificio. L’uomo, guardando l’architettura del cosmo, si addentra nelle profondità dell’eterna Sapienza del Creatore. L’uomo, guardando la Croce, conosce l’amore che penetra questa Sapienza e tutta la sua opera. Conosce l’amore che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cf. Rm 5, 5). Conosce che “Dio è amore” (1 Gv 4, 16). (San Giovanni Paolo II – Visita pastorale alla diocesi di Grossetto, Omelia, 21 maggio 1989)…
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 5,14-21 Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,33-37 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno». Essere liberi – secondo il programma di Cristo e del suo Regno – non vuol dire godimento ma fatica: la fatica della libertà. A prezzo di questa fatica l’uomo “non disperde”, ma insieme con Cristo “raccoglie”. A prezzo di questa fatica l’uomo ottiene anche in se stesso quell’unità, che è propria del Regno di Dio. […] Miei cari amici! Questa unità è il vostro compito particolare, se non volete cedere, se non volete arrendervi all’unità di quell’altro programma, quello che cerca di realizzare nel mondo, nell’umanità, nella nostra generazione e in ognuno di noi, colui che la Sacra Scrittura chiama anche “padre della menzogna” (Gv 8,44). […] Imparate a pensare, a parlare, ad agire secondo i principi della semplicità e della chiarezza evangelica: “Si, si, no, no”. Imparate a chiamare bianco il bianco, e nero il nero – male il male, e bene il bene. Imparate a chiamare peccato il peccato, e non chiamatelo liberazione o progresso, anche se tutta la moda e la propaganda ne fossero contrarie. Mediante tale semplicità e tale chiarezza si costruisce l’unità del Regno di Dio. Questa unità è nello stesso tempo una matura unità interiore di ogni uomo, è il fondamento dell’unità dei coniugi e delle famiglie, è la forza delle società che forse già sentono, e sentono sempre meglio, come si cerca di distruggerle e di scomporle dal di dentro, chiamando male il bene, e peccato la manifestazione del progresso e della liberazione. (San Giovanni Paolo II – Omelia per gli studenti universitari in preparazione della Pasqua, 26 marzo 1981)…
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 4,7-15 Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,27-32 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio». State attenti a non scandalizzare. Lo scandalo è brutto perché lo scandalo ferisce, ferisce la vulnerabilità del popolo di Dio, ferisce la debolezza del popolo di Dio e tante volte queste ferite si portano per tutta la vita. E anche non solo ferisce, lo scandalo è capace di uccidere: uccidere speranze, uccidere illusioni, uccidere famiglie, uccidere tanti cuori…” Quanti cristiani col loro esempio allontanano la gente, con la loro incoerenza, con la propria incoerenza: l’incoerenza dei cristiani è una delle armi più facili che ha il diavolo per indebolire il popolo di Dio e per allontanare il popolo di Dio dal Signore. Dire una cosa e farne un’altra. (Papa Francesco - Omelia Santa Marta, 13 novembre 2017)…
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 3,15-4,1.3-6 Fratelli, fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul cuore dei figli d'Israele; ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto. Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore. Perciò, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio. Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,20-26 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!». Gesù propone a chi lo segue la perfezione dell’amore: un amore la cui unica misura è di non avere misura, di andare oltre ogni calcolo. L’amore al prossimo è un atteggiamento talmente fondamentale che Gesù arriva ad affermare che il nostro rapporto con Dio non può essere sincero se non vogliamo fare pace con il prossimo. […] Perciò siamo chiamati a riconciliarci con i nostri fratelli prima di manifestare la nostra devozione al Signore nella preghiera. Da tutto questo si capisce che Gesù non dà importanza semplicemente all’osservanza disciplinare e alla condotta esteriore. Egli va alla radice della Legge, puntando soprattutto sull’intenzione e quindi sul cuore dell’uomo, da dove prendono origine le nostre azioni buone o malvagie. Per ottenere comportamenti buoni e onesti non bastano le norme giuridiche, ma occorrono delle motivazioni profonde, espressione di una sapienza nascosta, la Sapienza di Dio, che può essere accolta grazie allo Spirito Santo. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito, che ci rende capaci di vivere l’amore divino. (Papa Francesco - Angelus, 16 febbraio 2014)…
Dagli Atti degli Apostoli At 11,21b-26; 13,1-3 In quei giorni, [in Antiòchia], un grande numero credette e si convertì al Signore. Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia. Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani. C'erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 10,7-13 In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi». Lo stile di Gesù è inconfondibile: è lo stile caratteristico di Dio, che ama compiere le cose più grandi in modo povero e umile. […] Il patto del Sinai è accompagnato da segni cosmici che atterriscono gli Israeliti; gli inizi della Chiesa in Galilea sono invece privi di queste manifestazioni, riflettono la mitezza e la compassione del cuore di Cristo, ma preannunciano un’altra lotta, un altro sconvolgimento che è quello suscitato dalle potenze del male. Ai Dodici – l’abbiamo sentito – Egli “diede il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità” (Mt 10,1). I Dodici dovranno cooperare con Gesù nell’instaurare il Regno di Dio, cioè la sua signoria benefica, portatrice di vita, e di vita in abbondanza per l’intera umanità. In sostanza, la Chiesa, come Cristo e insieme con Lui, è chiamata e inviata a instaurare il Regno della vita e a scacciare il dominio della morte, perché trionfi nel mondo la vita di Dio. Trionfi Dio che è Amore. Quest’opera di Cristo è sempre silenziosa, non è spettacolare; proprio nell’umiltà dell’essere Chiesa, del vivere ogni giorno il Vangelo, cresce il grande albero della vera vita. Proprio con questi inizi umili il Signore ci incoraggia perché, anche nell’umiltà della Chiesa di oggi, nella povertà della nostra vita cristiana, possiamo vedere la sua presenza e avere così il coraggio di andare incontro a Lui e di rendere presente su questa terra il suo amore, questa forza di pace e di vita vera. (Benedetto XVI – Visita pastorale a Brindisi, Omelia, 15 giugno 2008)…
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 1,18-22 Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria. È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori. Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,13-16 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,13.14). Mediante queste immagini ricche di significato, Egli vuole trasmettere ad essi il senso della loro missione e della loro testimonianza. Il sale, nella cultura mediorientale, evoca diversi valori quali l’alleanza, la solidarietà, la vita e la sapienza. La luce è la prima opera di Dio Creatore ed è fonte della vita; la stessa Parola di Dio è paragonata alla luce, come proclama il salmista: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105). […] Il profeta Isaia dice: “Se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio” (58,10). La sapienza riassume in sé gli effetti benefici del sale e della luce: infatti, i discepoli del Signore sono chiamati a donare nuovo “sapore” al mondo, e a preservarlo dalla corruzione, con la sapienza di Dio, che risplende pienamente sul volto del Figlio, perché Egli è la “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Uniti a Lui, i cristiani possono diffondere in mezzo alle tenebre dell’indifferenza e dell’egoismo la luce dell’amore di Dio, vera sapienza che dona significato all’esistenza e all’agire degli uomini. (Benedetto XVI – Angelus, 6 febbraio 2011)…
Dal libro della Gènesi Gn 3,9-15.20 [Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi. Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 19,25-34 In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Nel momento stesso in cui consumava il suo sacrificio, Gesù disse alla madre quelle fondamentali parole: “Donna, ecco tuo figlio”, e al discepolo: “Ecco tua madre” (Gv 19, 26-27). E l’Evangelista annota che, dopo averle pronunciate, Gesù fu consapevole che tutto era compiuto. Il dono della Madre era il dono finale che egli accordava all’umanità come frutto del suo sacrificio. Si tratta dunque di un gesto che vuole coronare l’opera redentrice. Chiedendo a Maria di trattare il discepolo prediletto come suo figlio, Gesù l’invita ad accettare il sacrificio della sua morte, e, come prezzo di tale accettazione, l’invita ad assumere una nuova maternità. […] Inoltre dando a questa maternità una forma individuale, Gesù manifesta la volontà di fare di Maria non semplicemente la madre dell’insieme dei suoi discepoli, ma di ciascuno di loro in particolare, come se fosse il solo suo figlio, che tiene il posto del suo unico Figlio. (San Giovanni Paolo II – Udienza generale, mercoledì 11 maggio 1983)…
Prima Lettura Dagli Atti degli Apostoli At 2,1-11 Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». Seconda Lettura Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 8,8-17 Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 14,15-16.23b-26 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Il Paraclito, dice Gesù, è Colui che “ci ricorda tutto ciò che Gesù ci ha detto” (cfr Gv 14,26). Egli ci ricorda , dunque, le parole del Vangelo, e così ci permette di rispondere al diavolo accusatore non con parole nostre, ma con le parole stesse del Signore. Soprattutto ci ricorda che Gesù parlava sempre del Padre che è nei cieli, ce lo ha fatto conoscere e ci ha rivelato il suo amore per noi, che siamo i suoi figli. Se invochiamo lo Spirito, impariamo ad accogliere e ricordare la realtà più importante della vita, che ci protegge dalle accuse del male. E qual è questa realtà più importante della vita? Che siamo figli amati di Dio. Siamo figli amati di Dio: questa è la realtà più importante, e lo Spirito ci ricorda questo. (Papa Francesco - Regina Caeli, domenca 14 maggio 2023)…
Dagli Atti degli Apostoli At 28,16-20.30-31 Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia. Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente. Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d'Israele che io sono legato da questa catena». Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento. Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 21,20-25 In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere. …il Vangelo di Giovanni, così spirituale, così alto, si chiude con una struggente richiesta e offerta d’amore tra Gesù e Pietro, che si intreccia, con tutta naturalezza, con una discussione tra di loro. L’Evangelista ci avverte: egli rende testimonianza alla verità dei fatti (cfr Gv 21,24). Ed è in essi che va cercata la verità. Possiamo chiederci: siamo capaci noi di custodire il tenore di questo rapporto di Gesù con i discepoli, secondo quel suo stile così aperto, così franco, così diretto, così umanamente reale? Com’è il nostro rapporto con Gesù? È così, come quello degli apostoli con Lui? Non siamo, invece, molto spesso tentati di chiudere la testimonianza del Vangelo nel bozzolo di una rivelazione “zuccherosa”, alla quale aggiungere la nostra venerazione di circostanza? Questo atteggiamento, che sembra rispetto, in realtà ci allontana dal vero Gesù, e diventa persino occasione per un cammino di fede molto astratto, molto autoreferenziale, molto mondano, che non è la strada di Gesù. Gesù è il Verbo di Dio fatto uomo, e Lui si comporta come uomo, Lui ci parla come uomo, Dio-uomo. […] E quando noi vogliamo metterci nella vita degli altri, Gesù risponde: “A te che importa? Tu seguimi ”. (Papa Francesco - Udienza Generale, mercoledì 22 giugno 2022)…
Dagli Atti degli Apostoli At 25,13-21 In quei giorni, arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo: «C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa. Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo. Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare». Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 21,15-19 In quel tempo, quando [si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse "Mi vuoi bene?", e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». Gesù rivolge a Pietro, per tre volte, la domanda: «Mi ami?» (vv. 15.16). Il Risorto lo chiede anche a noi oggi: Mi ami? Perché a Pasqua Gesù vuole che anche il nostro cuore risorga; perché la fede non è questione di sapere, ma di amore. Mi ami? , chiede Gesù a te, a me, a noi, che abbiamo le reti vuote e abbiamo tante volte paura di ricominciare; a te, a me, a tutti noi, che non abbiamo il coraggio di tuffarci e abbiamo perso forse lo slancio. Mi ami? , chiede Gesù. Da allora, Pietro smise per sempre di pescare e si dedicò al servizio di Dio e dei fratelli, fino a dare la vita qui, dove ci troviamo adesso. E noi, vogliamo amare Gesù? La Madonna, che ha detto prontamente “sì” al Signore, ci aiuti a ritrovare lo slancio del bene. (Papa Francesco - Regina Caeli, domenica, 1° maggio 2022)…
Dagli Atti degli Apostoli At 22,30; 23,6-11 In quei giorni, [il comandante della coorte,] volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui Paolo veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro. Paolo, sapendo che una parte era di sadducèi e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducèi e l'assemblea si divise. I sadducèi infatti affermano che non c'è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest'uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato». La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma». Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 17,20-26 In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro». La richiesta centrale della preghiera sacerdotale di Gesù dedicata ai suoi discepoli di tutti i tempi è quella della futura unità di quanti crederanno in Lui. (…) L'unità dei cristiani da una parte è una realtà segreta che sta nel cuore delle persone credenti. Ma, al tempo stesso, essa deve apparire con tutta la chiarezza nella storia, deve apparire perché il mondo creda, ha uno scopo molto pratico e concreto deve apparire perchè tutti siano realmente una sola cosa. L'unità dei futuri discepoli, essendo unità con Gesù - che il Padre ha mandato nel mondo -, è anche la fonte originaria dell'efficacia della missione cristiana nel mondo. «Possiamo dire che nella preghiera sacerdotale di Gesù si compie l'istituzione della Chiesa ... Proprio qui, nell'atto dell'ultima cena, Gesù crea la Chiesa. Perché, che altro è la Chiesa se non la comunità dei discepoli che, mediante la fede in Gesù Cristo come inviato del Padre, riceve la sua unità ed è coinvolta nella missione di Gesù di salvare il mondo conducendolo alla conoscenza di Dio? Qui troviamo realmente una vera definizione della Chiesa. La Chiesa nasce dalla preghiera di Gesù. E questa preghiera non è soltanto parola: è l'atto in cui egli «consacra» se stesso e cioè «si sacrifica» per la vita del mondo. (Benedetto XVI - Udienza Generale, mercoledì, 25 gennaio 2012)…
Dagli Atti degli Apostoli At 20,28-38 In quei giorni, Paolo diceva agli anziani della Chiesa di Èfeso: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi. E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l'eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: "Si è più beati nel dare che nel ricevere!"». Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave. Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 17,11b-19 In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità». Nella preghiera del cenacolo Gesù chiede per i discepoli: “ Consacrali nella verità. La tua parola è verità . Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” ( Gv 17, 17-19). Successivamente Gesù abbraccia con la stessa preghiera le future generazioni dei suoi discepoli. Soprattutto prega per l’unità , affinché “il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come ami me” ( Gv 17, 23). Verso la fine della sua invocazione, Gesù ritorna ai pensieri principali detti in precedenza, mettendo ancora più in rilievo la loro importanza. In tale contesto chiede per tutti coloro che il Padre gli ha dato” che “siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato ; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo” ( Gv 17, 24). Veramente la “preghiera sacerdotale” di Gesù è la sintesi di quella autorivelazione di Dio nel Figlio, che si trova al centro dei vangeli. Il figlio parla al Padre nel nome di quell’unità che forma con lui (“Tu, Padre, sei in me e io in te” ( Gv 17, 21)). E nello stesso tempo prega perché si diffondano tra gli uomini i frutti della missione salvifica per la quale egli è venuto nel mondo. Rivela così il “ mysterium Ecclesiae ”, che nasce dalla sua missione salvifica, e prega per il suo futuro sviluppo in mezzo al “mondo”. Apre la prospettiva della gloria , alla quale sono chiamati insieme a lui tutti coloro che “accolgono” la sua parola. (San Giovanni Paolo II - Udienza Generale, mercoledì, 22 luglio 1987)…
Dagli Atti degli Apostoli At 20,17-27 In quei giorni, da Milèto Paolo mandò a chiamare a Èfeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio». Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 17,1-11a In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te». La preghiera che Gesù fa per se stesso è la richiesta della propria glorificazione, del proprio «innalzamento» nella sua «Ora». In realtà è più di una domanda e della dichiarazione di piena disponibilità ad entrare, liberamente e generosamente, nel disegno di Dio Padre che si compie nell’essere consegnato e nella morte e risurrezione. (…) Non a caso, Egli inizia la preghiera sacerdotale dicendo: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te» ( Gv 17,1). La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale: «E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» ( Gv 17,5). Sono questa disponibilità e questa richiesta il primo atto del sacerdozio nuovo di Gesù che è un donarsi totalmente sulla croce, e proprio sulla croce - il supremo atto di amore – Egli è glorificato, perché l'amore è la gloria vera, la gloria divina. (Benedetto XVI - Udienza Generale, mercoledì, 25 gennaio 2012)…
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